giovedì 20 dicembre 2012

Classifica: i 10 migliori film del 2012; tra recuperi, prime visioni e simbolismi


  • 10 - Trois Amis di Michel Boujenas
  • 9 - Vendredi soir di Claire Denis
  • 8 -  La moustache (L'amore sospetto) di Emmanuel Carrere
  • 7 - Tyrannosaur di Paddi Considine
  • 6 - Tête de turc di Pascal Elbé
  • 5 - Amour di Michael Haneke
  • 4 - Moonrise Kingdom di Wes Anderson
  • 3 - Warhorse di Steve Spielberg
  • 2 - De Rouille et d'os (Un sapore di ruggine e ossa) di Jaques Audiard
  • 1 - Skyfall di Sam Mendes

    Premio Me L'Ero Dormito Al Cine Me Lo Sono Recuperato Ed E' Stratosferico "MLEDACMLSREE'S" va a ... (rullo di tamburi)

    The girl with the dragon tattoo (Millennium - Uomini che odiano le donne) di David Fincher

martedì 18 dicembre 2012

Eccoci, cominciano le classifiche di fine anno: i dieci oggetti più importanti del 2012


  • 10) Un lapis. Comprato al Louvre e messo in borsa dall'inizio di questa primavera, mi è tornato spesso utile
  • 9) Il Bag Organizer, un sacco accessoriato che serve per tenere in ordine gli oggetti in borsa e per cambiarla senza scaraventarne tutto il contenuto sul letto facendo rotolare per terra le monetine da 1 cent
  • 8) Un angelo fatto da mio figlio con un cucchiaino di legno e della stoffa
  • 7) La raccolta completa delle opere di Edgar Allan Poe in un solo volume
  • 6) Il cuccio di mia figlia, portato via da un uccellino quando l'abbiamo poggiato sulla finestra. Adesso è nel bag organizer di cui sopra, who never know
  • 5) Il sapone nero africano, il gel d'aloe e il tea tree oil
  • 4) Due o tre bottiglie di crema di whiskey al caffè, ognuno affoga i dolori dove gli pare
  • 3) Il pesa-valigia digitale, senza sarei morta
  • 2) Il trolley, lo Xanax e il burro cacao (un trio costante anche dell'anno scorso)
  • 1) La fede


giovedì 13 dicembre 2012

Renzi e Bersani in salsa britannica



Dopo seria e approfondita indagine, alla domanda: "Che tipo di uomo vorresti ti rapisse e ti portasse con lui su di un'isola deserta per un mese?" un campione nutrito di donne di varie età e situazioni sentimentali, ha risposto così (parto dalla decima posizione così mantengo la suspance):

10 Jack Sparrow
9   Il mio salumiere
8   Matteo Renzi ubriaco
7   Chiunque basta che abbia la cioccolata e che porti i boxer
6   Un sex symbol a caso
5   Non posso sono sposata e fedele oppure non so (queste sono le lobotomizzate)
4   L'intellettuale in erba o giovane scrittore talentuoso però poco ambizioso altrimenti non fa elegante
3   Uno sportivo (calciatore, rugbista, nuotatore, tennista, traslocatore...)
2   Carino e possibilmente omosessuale
1   James Bond, quello di Skyfall

A seguito dell'indagine non potevo rimanere indifferente, quindi due o tre cosucce da dire in merito al nuovo James Bond e al perché piaccia così tanto al genere femminile, le avrei.

Chi è il nuovo James Bond? Il nuovo 007 è la sintesi di tutto quello che vorrebbe una donna sana e normale, una donna nella media, una donna che ha faticato tanto nella vita facendo lo slalom tra uomini ingrigiti dallo smog, irrigiditi dalle paure, spappolati dai girovita gonfi di penne ai quattro formaggi, spettinati dalle ventate degli scooteroni, fusi con i loro apparecchi telefonici, inglobati dal tubo catodico di una tv calcistica, devastati da un numero non ben precisato di calzini troppo corti, troppo lunghi, troppo bucati, incartapecoriti nei loro preconcetti da dopobarba.
James Bond, quello nuovo, quello di Skyfall, è l'antitesi di tutto questo. Ma torniamo alla domanda iniziale, chi è?
007 è morto, mettiamoci in testa questo, prima. E' morto precipitato negli abissi di un mito che non ha più motivo di esistere. L'agitato non mescolato di una volta, è scomparso. E' obsoleto come le musicassette, puzza come il solvente per unghie con l'acetone, crea dermatiti e crisi di rigetto. Non piace più a noi femmine. Forse perché di uomini con la gnocca facile ne abbiamo visti troppi, forse perché non ci crediamo più che l'Aston Martin sia tutto, o sia parte rilevante di questo tutto. Abbiamo bisogno di qualcosa che non sbuchi fuori da un computer, qualcosa che sia lontano da derivati tecnologici. Per questo quando in treno ci sediamo di fronte ad un tipo interessante che ad un certo punto scrive sull'iPad parlando al telefono e manda email mentre twitta, smettiamo immediatamente di trovarlo interessante. Il nostro uomo non è là, non è a portata di tweet, il nostro uomo non twitta e non mette mipiace su facebook, perché si chiama James Bond. E' una agente segreto, e già questo basterebbe ad alcune. Ma siccome siamo a fine 2013 e la donna media si è giusto un filo evoluta rispetto a prima, non basta più neanche quello. L'agente segreto britannico deve offrire qualcosa in più. E questo qualcosa di più te lo offre lui, il nuovo Bond. Sembra una campagna vendite sin ora sto post, mi piace rimanga così.
Bond, James per gli amici, è un uomo che soffre, intanto. Soffre perché è solo e orfano (WOW!! niente sòcere! niente cognate!), soffre perché si rende conto di essere oggetto e non persona agli occhi del suo datore di lavoro M (nooooooo, pure vittima delle ingiustizie della new economy, della globalizzazione, ma cosa vuoi di più?) tanto da sacrificarne la vita con un semplice ordine. Lui nel frattempo si cura le ferite in un'isoletta orientale (ovviamente va a letto con una per consolarsi, a noi l'uomo ci piace attivo sessualmente, ma questo da sempre...), si ubriaca perché si sente frustrato (oddio che meraviglia...già lo amiamo e ancora siamo ad inizio film), giocherella con gli scorpioni e ovviamente vince.
James non si fa più la barba. Il viso rasato di una volta lascia il posto a qualcosa di più vissuto, maschio stropicciato, mandiamoli a cacare sti metrosexual del ciufolo, ridateci il pelo incolto. James si rende conto che forse a Londra hanno bisogno di lui, e torna. Che uomo, dedito al mestiere sino in fondo. Il dovere chiama e lui parte, nonostante le ferite doloranti sul petto.
Nella penombra si scorgono un maglione, un paio di pantaloni e due occhi azzurri freddi ma sensuali. Bruciamo giacca e cravatta dei rappresentanti della Folletto. James non sa più sparare, sbaglia i bersagli, si arrabbia con se stesso. Durante la seduta psichiatrica, all'associazione di idee, lui risponde così:

Psichiatra: "Agente"       Bond: "Provocatore"
Ps: "Donna"                   Bond: "Provocatrice"
Ps: "M"                          Bond: "Puttana"
Ps: "Pistola"                   Bond: "Colpo"
Ps: "Assassino"              Bond: "Lavoro"
Ps: "Nazione"                 Bond: "Inghilterra"
Ps: "Skyfall"                   Bond: "Skyfall"

      Bond: "fine"

Ho tenuto molto a fare la traduzione io stessa del test psichiatrico perché nel doppiaggio ci sono delle varianti. M viene definita "stronza", mentre nell'originale è "bitch". Alla domanda "Skyfall" Bond risponde "Skyfall", e c'è un perché: non intende rispondere a quella associazione di idee per non scavare nel suo dolore o per non rivelarlo, infatti dopo si alza e dice "done" che è "fine" o meglio "finito". Nella versione doppiata Skyfall viene associato alla risposta "resurrezione", fuorviando completamente il significato della sequenza. Me ne sono accorta leggendo la sceneggiatura, purtroppo non ho visto la versione in originale. Questa è una piccola parentesi per far capire quanto siano incompetenti i traduttori, ma si sapeva.
Il termine "resurrezione" comunque compare altrove, quando il cattivo Silva chiede a Bond quale sia il suo hobby, lui risponde "resurrezione"

Ecco, dopo questo test psichiatrico lo si ama tanto. Soffre, non riesce a sparare come prima, c'è qualcosa in lui da scoprire. Nello sviluppo del film gli aspetti della personalità di James si snodano in più direzioni, importantissima ad esempio la sequenza davanti al quadro di William Turner alla National Gallery (questo  La valorosa Téméraire), quando si trova in compagnia della nuovo Q. Due generazioni a confronto, due "uomini" e le epoche, gli stili che rappresentano.  La nuova generazione un po' nerd, geek e parecchio hipster, verso la vecchia.
Traduco il dialogo, sembra un Renzi/Bersani con più classe ed eleganza britannica.

Q:        "Mi mette un po' di malinconia. Una grande vecchia nave da guerra ignobilmente ridotta in rottame, l'inevitabilità del tempo, non crede? Che cosa ci vede lei?"
Bond:  "Una maledetta grande nave. Mi scusi."
Q:        "007. Sono il suo nuovo Q (quartermaster)"
Bond : "Lei sta scherzando"
Q:        "Perché? Perché non sono un vecchio parruccone con il camice bianco?"
Bond:  "No, perché ha ancora i brufoli"
Q:        "Il mio incarnato è scarsamente rilevante"
Bond:  "Lo è la sua competenza"
Q:        "L'età non è garanzia di efficienza"
Bond:  "E la giovinezza non è garanzia di innovazione"
Q:        "Bene, credo che potrei fare più danno io seduto alla scrivania in pigiama con il mio computer prima della mia tazza di early grey, che lei in un anno di missione sul campo.
Bond:   "Quindi cosa vuole da me?"
Q:         "Prima o poi qualche grilletto andrà premuto..."
Bond:   "Oppure non premuto. Difficile deciderlo stando seduto in pigiama, Q"
Q:         "007"


Consiglio di vedere il video con il dialogo parlato, che è meglio:



 Poi uno si chiede perché preferiamo l'uomo ai vari aspiranti Zuckerberg.

Il momento più sensuale, a mio parere, quella che la donna ha notato per lo meno (e forse anche qualche uomo) è quando Silva, il cattivo cattivissimo fuori di testa, lega ad una sedia Bond e carezzandogli le gambe gli dice: "There's always a first time", 007 risponde "What makes you think this is the first time?".
Non traduco, tanto si capisce.

Concludendo questa pseudorecensione un po' fuorviante e un po' anomala, asserisco che Skyfall è un bel filmone, che è girato elegantemente, che è efficace, mai banale, metacinema puro, e che ciccia fuori dal cilindro un Bond che probabilmente non piace solo alle donne di adesso, ma provoca sentimenti empatici di varia natura anche tra gli uomini (seguirà un sondaggio maschile? forse).


M:      "Where the hell have you been?"

Bond: "Enjoying death. 007 reporting for duty"













martedì 4 dicembre 2012

Metafore d'amore



L'ho visto tutte le estati flirtare, giocare a tennis, nuotare, fumare, abbronzarsi, ballare, bere birre, ma ero troppo piccola; anche adesso lo sono, 14 anni sono pochi e lui sarà maggiorenne quest'anno. Ma cosa importa? E' novembre, fuori è buio e la spiaggia, le feste, la compagnia estiva, non sono altro che un ricordo sbiadito da cartolina.
L'anno scolastico trascorre irrequieto come sempre. I libri, le domeniche pomeriggio al cinema, le passeggiate in centro con le amiche, le nottate fuori casa di nascosto ai genitori, i bei voti ed i brutti voti e lui. Il fidanzatino. Quello che piace ai miei genitori, quello con il quale posso stare da sola a casa, quello con il quale provare nuovi baci e trovare la giusta soddisfazione nel crescere e diventare quasi donna. Durante tutto l'anno ci siamo promessi amore eterno, io sento le farfalle nella pancia e le guance in fiamme quando si avvicina a me. Mi fa passare l'appetito, sono dimagrita per amore. Lo amo, si lo amo, anzi, lo amo tantissimo e lo sposerò. Faremo tanti bambini, lo aspetterò la sera a casa e gli preparerò la cena, poi andremo a dormire finalmente insieme, nello stesso letto.
Adesso che è primavera io e lui possiamo stare fuori più a lungo, le giornate sono complici del nostro amore e ieri mentre mi aiutava nei compiti di matematica, mi ha guardato e mi ha detto "sei bellissima, sei mia, non ti lascerò mai". Anche io non lo lascerò mai.
La pagella di fine anno dice che sono stata promossa, ho la media alta, merito dell'amore, del mio amore che è bravo e mi ha aiutato nelle materie dove vacillavo. Penso che persino i miei risultati scolastici siano frutto del nostro amore, glielo dico, lui mi bacia dolcemente e mi promette che mi aiuterà a diplomarmi.
Quest'estate lui andrà in montagna, io invece al mare con i miei. Al solito mare. Mentre si avvicina il giorno della partenza ripenso al ragazzo maggiorenne che estate dopo estate m'è piaciuto sempre di più. Ma è un pensiero fiacco, che probabilmente non troverà mai il vigore di prima, perché io sono finalmente innamorata e ricambiata.
La compagnia estiva del mare si ritrova, io me ne sto a casa e vado in spiaggia la mattina presto con la musica nelle cuffie e un libro. Non ho voglia di vedere nessuno, saluto a stento ed evito accuratamente ogni tipo di argomento che riguardi la sfera dei ragazzi. Non voglio sapere niente, non voglio sapere se quest'anno lui ci sarà o meno. Non m'importa più.
"Vieni stasera? Facciamo una spiaggiata, ci sarà anche...dai dai dai vieni!" Vado? So chi ci sarà. Io ho quasi 15 anni adesso, non sono l'imbranata dell'anno scorso, ho qualcosa da dire su tanti argomenti: sì, andrò.
Lui quest'anno è ancora più affascinante, ancora più desiderabile dell'anno scorso. E si accorge di me, mi trascina in acqua, gioca, mi abbraccia, mi bacia. E' bellissimo, studia materie interessanti, pratica sport che io adoro. Casco nella voragine senza possibilità di scampo. Perdo la testa, non voglio tornare a casa, non voglio che l'estate finisca e al telefono lascio il mio fidanzato con quattro parole: "non ti amo più".
Le sere fredde di dicembre sotto al piumone mano nella mano sono lontanissime, la scuola è lontanissima, i doveri, gli obblighi, i risultati, le regole, i compiti: tutto è lontanissimo, dimenticato. Io mi sento libera, euforica, felice, appagata e anche desiderabile. L'abbronzatura, i vestiti corti, i profumi fruttati, il ghiaccio nelle bibite, il gelato al pistacchio, l'olio di cocco e lui: il paradiso. Gli ultimi giorni di vacanza sono pieni zeppi di promesse, di progetti senza rimpianti: abitiamo lontani ma ci rivedremo, non ci lasceremo perché ci amiamo. L'estate continuerà anche a novembre, deve continuare.
Quando a settembre il ciclo delle regole e dei doveri ricomincia, io e lui ci ritagliamo i nostri spazi di estate. A turno prendiamo il treno per vederci, trascorriamo poche ore insieme tentando di riempirle come meglio crediamo. Ma il profumo dell'olio di cocco e le leggere notti in spiaggia non ci sono più. Lui è diverso, quando l'abbronzatura va via non è così bello, e isolato dalla compagnia estiva è anche meno simpatico, di fronte a me solo, senza il resto che ci impedisce di viverci, è persino poco affascinante. Quindi conosco un'altra persona da quella che di anno in anno pensavo di conoscere? Il ragazzo che ho desiderato per tanto tempo, che ho immaginato, sognato vedendolo sempre accompagnato da ragazze più grandi di me, non è quel bel tipo abbronzato, sorridente e sportivo che incontravo tutte le estati? In inverno è ombroso, lunatico, spesso depresso. Si chiude e raramente mi lascia entrare nelle dinamiche dei suoi pensieri. Così dopo cinque o sei treni presi, due persi quasi volontariamente, una ventina di pomeriggi passati a conoscerci e qualche istante di delusione irrevocabile, guardandolo negli occhi gli dico: "non ti conoscevo così, in inverno sei diverso".
Un pomeriggio di inizio dicembre, sola nella mia cameretta, fisso il soffitto e penso agli occhi azzurri che ho lasciato per il ragazzo estivo. Penso all'estate trascorsa più di tre mesi fa e la sento lontana, come se l'avessi vissuta secoli fa o in un sogno. Fuori è già buio, le strade sono addobbate a festa per il Natale, io ho tanti compiti di matematica da fare e l'armadio da rimettere a posto. Riesco a pensare solo agli occhi azzurri del mio fidanzato buttato via con una telefonata, quasi dimenticato come il libro preferito sullo scaffale più alto, lasciato a prender polvere a causa di una condizione mentale, di un clima diverso, di un sogno che si avvera. I sentimenti sono come le stagioni? Variano con le fasi lunari? Possono assumere più o meno spessore, possono cambiare direzione, colore e odore insieme al barometro o all'orologio, o sono io una sorta di lancetta impazzita?
Le stagioni della vita mi costringono ad agire in modo imprevedibile e l'estate è una maledettissima bella puttana. E' molto facile avvicinarsi in estate, quando fa caldo e l'abbigliamento è ridotto al minimo; quando le scollature lasciano spazio ad un'immaginazione ben diversa, più a portata di mano; quando le nottate sono tiepide e puoi abbassare una spallina senza paura di sentir freddo. Quando tutto è più facile, quando tutto è accessibile. La prova d'amore, quella più difficile da superare, si presenta in inverno, quando lui ti vede imbacuccata, quando di te si scorgono solo gli occhi e hai le labbra talmente fredde e secche da non desiderare niente di più che un bacio caldo e umido. Quando accetti di sfilarti persino i calzini e di condividere un piumone. Poi avvicini i tuoi piedi gelidi ai suoi, e se lui vuole scaldarteli è fatta. Sarà amore.
Pensando al mio fidanzato lasciato, nel magone, tiro un sospiro di sollievo "non è poi così pericoloso raggiungerlo, inseguirlo. Lui è stato sulle Alpi, non al mare. Ed è molto più facile per me scalare il Monte Bianco che vagare in mezzo al Mediterraneo per ritrovarlo."
Deve essere facile.
E quando finalmente raggiungerò la vetta, ansimante gli chiederò un bacio e a costo di morire per carenza di ossigeno, rimarrò così per tanto di quel tempo sino a che lui me lo concederà. E se si ritenesse necessario scalerò la vetta dell'Everest, e poi del K2, del Makalu; attraverserò deserti e laghi ghiacciati; scivolerò negli abissi del gelo, perderò anche i sensi, mi riempirò di lividi e ferite. Preferisco ricoprirmi di cicatrici che non si potranno mai rimarginare; preferisco morire tentando di tutto, che fermarmi a vivere il mio errore per tutta la vita: tutta intera, sana, ma sconfitta dai rimpianti per sempre.

Franci Nicole L.

lunedì 19 novembre 2012

L'amore è in crisi: tra Haneke e Last Night



Chi ha identificato Amour (il film di Haneke) come film sulla morte, secondo me non ha colto uno degli aspetti più importanti della pellicola, e cioè la morte sì, ma dell'amore. L'amore non esiste più, è finito quando Georges e Anne sono usciti fuori dal loro appartamento come vediamo in una delle ultime meravigliose sequenze del film. E' finito perché le generazioni odierne, che siano i 30enni o i 60enni, non sanno più cosa sia. Haneke è il regista fastidioso per eccellenza, vedere un suo film equivale a subire un atroce mal di denti per due ore. Non fa eccezione Amour, ma io lo sapevo. Il fastidio impedisce alla commozione di salire sino al condotto lacrimale. Poi sono uscita dalla sala ed ho pianto.
Georges e Anne hanno una figlia, interpretata da Isabelle Huppert (tanti i punti di contatto con La pianista, infatti): Eva.
Eva non capisce perché non conosce l'amore, emblematica la frase (cito a braccio) "mi ricordo quando vi sentivo fare l'amore, mi piaceva perché voleva dire che vi amavate ancora". Non è questo, l'amore. Georges lo sa, Eva no. "Voleva dire che vi amavate ancora" è nostalgia, come se i due genitori ottantenni non si amassero più; come se l'amore rientrasse in uno schema comportamentale, come se avesse una forma precisa e uno svolgersi accettabile dalle convenzioni.
La malattia forza la porta del signorile appartamento di Georges e Anne, una sera. E Anne comincia a percorrere la strada verso la morte. In assenza di colonna sonora, con una fotografia giocata sui toni del marrone, del grigio e dell'ocra, il regista mostra ciò che non vogliamo vedere e impedisce, con le inquadrature che io chiamo "da stronzo", di farci vedere ciò che invece vorremo guardare.
E' Haneke, il solito.

Succede poi che, appartenendo alla generazione di chi non sa e non saprà mai cosa è l'amore, decido (insieme al mio compagno) di distrarmi con un film che parla d'amore, anche d'amore problematico, ma che lo faccia con leggerezza. Il film in questione è Last Night della stessa regista israeliana di The Jacket (film che non ho visto per antipatia a pelle). Last Night è un film di merda. Di quella merda vera. Un film sui 30enni. Quindi solo per quello dovevo immaginarlo sarebbe stato un film di merda. A metà tra la pubblicità di un profumo e uno spot su quant'è lussuriosa NYC di notte, si snodano le vicende notturne di un quartetto di merda, di merda quasi quanto il film di merda, anzi di più. Due attricette di merda quali Keira Knightely e Eva Mendes e due patatoni con la faccia da patate: Sam Vatteloapesca (quello di Avatar) e Guillet Carnet (un attorino francese che qui fa la figura dello scemo del villaggio).
La trama? Interessantissima. Keira e Sam sono due trentenni sposati che vivono in un appartamento molto figo, anzi, cool, a NYC. Una sera lei indossa una canottiera bianca e un paio di mutande dell'Oviesse; un completo nero pantaloni sformati e maglione, e se ne va col suo patatone ad una festa molto cool. A sta festa conosce Eva Mendes, la collega del marito-patata, e si rende conto (con orrore) che è phiga più di lei. Al rientro a casa, Keira pianta su un pippone infinito al marito-patata (quello che io chiamo pippone preventivo) dicendogli frasi tipo "aaaaah ma la tua collega è phiga, allora ecco perché vai a lavorare contento, sicuramente te la sei fatta..."ecc ecc ecc. Dopo un quarto d'ora di sto pippone (nel frattempo il marito-patata sposta una pila di riviste per mettere in carica il cellulare...aaaaah scena madre) uno direbbe anche amore che ne dici se lo spegniamo il film e andiamo a giocare a Monopoli?, ma no, masochisti sino in fondo continuiamo la visione. Insomma la scena notturna finisce con delle uova strapazzate, la pace coniugale, bacetti, tarallucci e vino, e lui che incravattato parte per Philadelphia causa lavoro. Ovviamente con la collega phiga.
Keira per ammazzare il tempo, invece di farsi una pizza e metter su due etti di carne sulle ossa, esce a prendere un caffè (lavorare no eh? vi fa schifo a voi mogli) e chi ti incontra? Cioè domandiamocelo: chi è che incontri tu, donna comune, che esci una mattina per prenderti un caffè al bar di sotto, in una città di due milioni di abitanti? Ma l'ex di cui sei ancora innamorata e che sta a Parigi! Ma che domande...
Insomma, dopo facce e faccette di meraviglia e frasi originalissime tipo "tu qui??? non ci posso credere!!", lui la invita a cena e lei acconsente. Seguono scene meravigliose di metamorfosi femminile: la canotta bianca a costine da manovale della Val di Susa e le mutande dell'Oviesse spariscono, prendono il loro posto reggiseni imbottiti e slip di pizzo. Poi la Keira si depila le gambe (ecco, una normalmente aspetta di incontrare l'ex che sta a Parigi per depilarsi le gambe), si scioglie i capelli, si trucca (come per la prima volta), si infila un vestitone lungo con spacco e scarpe con tacco 12 e va a cena con l'ex parigino. La cena è a quattro, c'è anche un'altra coppia. Quindi lui non può infilarle la mano tra la cosce...ufff.
Nel frattempo a Philadelphia il marito-patata porta Eva Mendes in giro per locali, la fa bere, lei brilla confessa a lui che se lo scoperebbe, lui con l'aria contrita e sofferente tergiversa (nei frattempo io e il mio compagno contiamo le battute che ci separano dalla frase "sono un uomo sposato"). Eva Mendes la phiga con un'anima racconta al marito-patata che il suo ragazzo è morto, il marito-patata si gratta i coglioni ma la regista ha deciso di mostrare solo primi piani...
Ma a NY che accade? Beh accade che mi sono assopita e mi sono svegliata quando Keira prende un labrador..non so sto labrador da dove sia uscito, solo solo che lo porta con sè nottetempo nella stanza d'albergo dove alloggia l'ex parigino. La camera d'albergo è, manco a farlo apposta, tutta sui toni del rosso. Molto cool, molto pubblicità di dopobarba costoso, fate uscire David Gandy e facciamola finita, su.
A Philadelphia la questione è sempre più scottante: i due sono adesso immersi in una piscina, però parlano a distanza. Lei non fa che ripetere che ci starebbe, ma lui pare ancora indeciso. Insomma, le corna ci saranno, il problema è stabilire quando. Alle 3, alle 4..boh, forse alle 5 del mattino. Capisci che manca poco quando Eva Mendes esce dalla piscina e mostra le chiappe sotto le trasparenze di una sottoveste bagnata. Lui, manco a dirlo, fa lo sguardo da triglia assatanata.
A NY nella stanza d'albergo rossa, Keira si toglie le scarpe..ahi, mi sa che anche qua aleggia aria di tradimento. Nel frattempo mi giro verso il mio compagno per commentare la scena delle scarpe (volevo dire che erano belle, almeno quelle) e vedo che dorme. Svejaaaaa! Dunque dicevo? Ah si, lei si toglie le scarpe, si sdraia sul divano, si scopre le cosce, lui si avvicina, e dopo averle massaggiato i piedi le salta addosso, si baciano e lei dice "eh no, non posso, sono sposata". Dramma interiore profondo. Questo sì che è amore complicato. Male di vivere...Passano la notte abbracciati a letto, ma non copulano. E la mattina dopo si salutano (sempre con il labrador tra le palle), lui torna a Parigi.
Invece il marito-patata dopo aver fatto il difficile, quello che resiste alle tentazioni, "l'uomo sposato", finisce che si tromba Eva (la sottoveste bagnata è stato troppo...) e la mattina dopo con la faccia da funerale, fa le valige e torna dalla moglie. La trova in cucina in vestaglia che fuma una sigaretta e guarda dalla finestra la metropoli al mattino..che scena, che scena...quanta intensità.
Mentre l'ex parigino all'aeroporto guarda le foto dei primi piani di Keira sul pc (roba da crepacuore), il marito-patata in preda ai rimorsi abbraccia la moglie e butta un occhio sulle scarpe col tacco, evidentemente chiedendosi cosa mai ci faccia la moglie con quelle, stonano con le canotte bianche. Lei sembra dire qualcosa...ma il film finisce.

Viva Haneke.

mercoledì 14 novembre 2012

Flusso di coscienza number one



Non credo di essere all'altezza, ma solo perché ho mal di schiena. Che poi non ho capito perché, eppure ho fatto sempre le stesse cose tranne di notte, invece che dormire ho visto film. Se arrivo alle due di notte avrò dei capelli schifosissimi stopposi come mi capita sempre dopo un viaggio aereo che superi le due ore. Mi conviene legarli con una treccia, ma prima mi devo fare la doccia e chissà se avrò il tempo dato che torno a casa non prima delle cinque. L'ho fatta stamattina, la doccia intendo. Una volta dicevano che lavarsi troppo fa male, ma non una volta tanto tempo fa, quando ero bambina me l'ha detto la mia tata. Diceva che il sapone lava via il grasso della pelle che serve per protezione. Io ho una pelle poco protetta per questo si arrossa facilmente. Però se mi guardo allo specchio sono pallidissima, ho perso gli ultimi sprazzi di colore e dopo che mi sono messa l'immancabile cipria mi sento molto simile ad una pasta di mandorla. Meglio essere lucide o meglio essere farinose? Non lo so, io non ho la pelle grassa, neanche secca. Ho la pelle che rompe il cazzo, però. Ci sono alcune persone in quest'ultimo periodo che mi hanno tanto rotto il cazzo, io le ho ignorate. Non so se ho fatto bene, però è ora che cominci a preoccuparmi per pochi intimi e che non estenda il mio stato d'animo a tutti, che poi stigrandissimicazzi loro non credo che abbiano me a cuore così tanto. Il cuore ultimamente mi fa tanto male, ma non un dolore immaginario, un dolore vero, una fitta vera, come quella che si ha quando si fa una corsa spingendo il fisico al massimo. Io lo so perché mi fa male, ma ho un po' di pudore ad ammetterlo, soprattutto a me stessa. Ci sono momenti nei quali mi rilasso e allora il dolore sparisce, ma sono veramente pochi rispetto alle 24 ore di una giornata. Stanotte per esempio mi sono svegliata perché forse batteva troppo forte tum tum tum, cavolo un tamburo yanesha. Avrei voglia anche di mettere nell'ipod un po' di musica africana, mi va di ascoltare qualcosa di tribale, di basico, senza tanti orpelli, senza strumenti a corda, solo percussioni e voci, solo ritmo e corde vocali. Non credo di fare in tempo neanche per quello, ho i minuti contati anche per fare la valigia. Perché non l'ho fatta ieri? Sono quella degli ultimi istanti, sono quella degli istanti, sempre di fretta, volti, parole, strette di mano, sesso, cibo, tutto sempre di fretta perché la vita mi stringe in una morsa, gli impegni, i ruoli, le distanze mi portano via tempo. Il tempo sta portando via tante cose, tra l'altro io non faccio mai una cosa per volta, ne faccio di più, sempre di più. Lavoro e parlo al telefono, bevo un caffè e mando una email, vado a fare la spesa e mi fermo a salutare un'amica, penso ad una cosa e parlo di altro. Parlo troppo? Non è vero, parlo per vincere la timidezza ma una volta vinta sto molto in silenzio perché so che il silenzio fa sempre piacere, non troppo e poi dipende a chi. A me piace il silenzio, non mi imbarazza, mi riempie, mi appaga, mi mette nelle giuste condizioni. Adesso ne avrei tanto bisogno, avrei bisogno di trovarmi già a destinazione, invece devo affrontare un viaggio.

lunedì 12 novembre 2012

Tanti baci e abbracci da Roma



Quando ero bambina mi incantavo a guardare le cartoline con i glitteroni sberluccinati e i panorami dai colori improbabili. Di solito si trovavano sul Lago di Garda o sulla costiera Ligure.
Adesso basta andare al cinema e vedere un film di Woody Allen, non importa spingersi sino ai luoghi di villeggiatura più blasonati.
Se la cartolina di Barcellona e ancor di più la cartolina di Parigi, portano scritta sul retro una storia che ammalia; quella di Roma dietro ha scritto tanti baci da tutti noi !! con i cuoricini al posto dei puntini sulle i e una serie di firme: Scamarcio, Muti, Benigni, Cruz, Page, Ferrari, Ghini, Albanese, Sastri, Marcorè, ecc ecc.
Una cartolina che racconta una cosa sola: noi siamo stati a Roma, siamo famosi e porca di quella pupazza quanto è difficile essere famosi! Però siamo lo stesso contenti. Questo è il tema profondissimo dell'ultimo film di Woody Allen. Si, proprio di Woody Allen: quello di Zelig, lo stesso. Lo stesso di Io ed Annie, per altro. Lo stesso di Crimini e Misfatti. Se in Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, il film era semplicemente brutto, qui si va oltre la soglia della bruttezza e si rasenta l'assurdo, il surreale, il pedestre.
Roma vista in questo film, non esiste. Sembra fotografata con Instagram, non c'è neanche un lavoro in corso (impossibile). Tre o quattro storie parallele scritte da un Allen vanzinizzato, si snodano lungo tutto il film.  Noiose sino all'inverosimile (devo anche essermi assopita ad un certo punto), ma quel che più mi ha colpito è il mix tra usi e costumi di un'Italia degli anni '50 - la famiglia a tavola, lui che legge il giornale, la donna che serve tutti con i capelli raccolti e il grembiule; la coppietta con la valigia a mano che scende da un trenaccio locale; l'aria da magrebini disoccupati di tutte le comparse che camminano lente con le mani in tasca..-  e quelli dei turisti americani a Roma, i quali un po' se la tirano e sbevazzano Martini seduti ai tavoli all'aperto di una città un po' troppo silenziosa e mandolinizzata.
Suggerirei, inoltre, ad Allen, ti lasciar perdere i suoceri. E' dai tempi di Indovina chi viene a cena? che voi commedie americane ce la menate con sta storia dei suoceri. L'abbiamo capito che il tema vi diverte, che lo trovate stuzzicante, ma a noi europei non dice più niente, non ce ne frega neanche se i suoceri sono americani, pensa un po' Woody! Ormai noi italiani ce la tiriamo un po' di più rispetto alla fine della seconda guerra, quando voi ci tiravate le stecche di cioccolato fondente e le calze di nylon dai carri armati. Siamo un tantino più smaliziati, ma solo leggermente eh? Noi vi vediamo volendo anche come dei cafoncelli ignoranti senza nessuna predisposizione nei confronti dello stile e dell'eleganza, anche intellettuale. Non ci affacciamo più in canottiera bianca dalle finestre per cantare o sole mio o volare, non cantiamo neanche sotto la doccia come dei tenori: non c'è nessun "piccolo tenore inconsapevole" che attende di essere scoperto dall'americano intellettuale di turno.
Fino a che il film lo critica una come me, che il cinema lo vede e basta, e che paga per vederlo, va anche bene, è giusto ed in fondo, stigrancazzi. Ma quando uno tipo Roberto Benigni che una volta mandava in culo anche il Signore Dio nostro, si abbassa a fare la comparsa in un ruolo da marionetta scema solo perché il film lo dirige Woody Allen, allora una come me comincia a farsi le domande, e purtroppo la risposta non è delle migliori.
Dire di no a Woody Allen non dev'essere facile, posso anche crederci. Ma dire di si ad un film del genere significa dimenticarsi del valore del cinema, significa essere intellettualmente disonesti, oltre che italiani repressi. Inutile sperticarsi in lodi sull'Inno di Mameli una sera a San Remo quando poi vai a fare la figura del menga in un filmaccio che non ha capito cosa sia l'Italia e che la deride dall'alto della propria grandissima mente intellettuale.

Pizza, spaghetti, mandolino, bambini che giocano a pallone per la strada e Roberto Benigni.

Monicelli, pensaci tu.

martedì 6 novembre 2012

E il suicidio delle presine (impressioni)

Bello prendersi un'oretta dal lavoro per andare a comprare le presine. Le uniche sopravvissute al mio sfaccendare in cucina si sono suicidate ieri. Le ho trovate entrambe infiammate sopra un fornello rimasto inavvertitamente acceso. Voglio pensare che si amavano tanto e che hanno deciso all'unisono che preferivano morire che fare una vita di merda. Perché quella della presina è una vita difficile, ammettiamolo. Le presine carbonizzate erano carine, ma non troppo. Erano blu, con dei disegni di fattorie, mucche, meli e forse c'era anche una gallina, ma non ho molta memoria fotografica.

Le presine nuove che ho appena comprato sono completamente diverse dalle vecchie. Non hanno nessun connotato country, sono in stile shabby chic e le ho comprate in un negozietto adorabile che si chiama Maison di Bì (le due foto che ho scattato). Sono di un tenue verde acqua con sopra dei fiorellini tenerelli bianchi. Sono made in India, ed io tutte le volte che leggo le etichette penso ai paesi nei quali l'oggetto è stato fabbricato. Penso ad esempio ad una grande fabbrica indiana dove le operaie cuciono presine che finiscono in un negozietto profumoso e gattoso vicino Firenze. Pieno di candele profumate, bamboline e servizi da tè con le paperelle.
Per arrivare al negozietto che ho raggiunto a piedi, sono passata da un mercatino. Quello che mi diverte dei mercati in Italia è il linguaggio usato dai venditori ambulanti. A Firenze, a differenza di altre città, nessun venditore strilla. Ognuno si fa amorevolmente i cazzi suoi, però i dialoghi con le "brave massaie" che sono là a fare la spesa mi ha sempre molto interessato.
Mi fermo davanti al banco dei fiori, e mentre medito se comprare i ciclamini da mettere in bagno, si avvicina una signora, una "brava massaia". Si china verso i vasi di crisantemi e chiede al "venditore ambulante":
b.m - Senta lei, quanto li fa questi? -
v.a. - Cinque euro, un bel vaso grande vero? -
b.m. - E va beh, tanto ormai... - (io rido, il venditore ambulante prontamente risponde)
v.a. - Tanto ormai..cosa?? Son sempre fiori! - (io continuo a ridere)
b.m. - Ma i morti so' finiti -
v.a.  - E su questo 'un ce piove! Ma signora, lei che li ha levati dal cimitero i suoi? -
b.m. - Io?? Oh che la mi dice?! Certo che no! Suvvia me li dia, questi guardi..ma non è che sono sciupati? -
v.a. - E tanto i morti so' finiti, non se ne accorgono neanche se so' sciupati!


Dalla finestra vicino alla scrivania del mio ufficio vedo questo. Amo il giallo.





giovedì 25 ottobre 2012

Si comincia...

Me voilà direbbero i francesi! Arieccome dico invece io. Nuovo blog del quale non si sentiva affatto la mancanza. Cosa scriverò in questo blog? Boh, quello che mi capita, quello che mi passa per la testolina e non so dove scrivere.
Chi sono io? Io sono Alice, mi pare ovvio. Sempre alla ricerca dello Stregatto. Alla ricerca di qualcosa che mi ammali e che appaia e scompaia. E' apparito! E' scomparito!
Oggi vi voglio fare una sorta di segnalazione. Piccolo preambolo: ho una passione sfrenata per gli smalti. Da qualche tempo a questa parte ho scoperto una marca che si chiama Catrice - casa cosmetica tedesca http://www.catrice.eu/ - che ne fa di davvero davvero interessanti. Premetto che a me lo smalto dura, intatto, meno di 24 ore, chiaramente. Ma in fondo meglio così. Cambiare cambiare cambiare!
Lo smalto in questione appena acquistato per la modica cifra di 2 euro e 70 centesimi (se la memoria non mi inganna) è appunto Catrice, ed è stato acquistato dalla sottoscritta da Coin. E' il numero 840 e si chiama Genius in the bottle ...wow wow!
E' un meraviglioso color oro scuro con riflessi tra il verde e il blu. Un colore ammaliante adattissimo ad una stregaccia un po' vanitosa quale sono io, ovvio. Adatto anche alla stagione, bien sûr..che v'aspettavate vi proponessi uno smalto dai colori estivi?? Peggio ancora, primaverili??? Orrore.
Lo potete vedere in tutta la sua sfacciata bellezza nella foto che ho appena scattato. Sul sito ufficiale non ce n'è traccia.

Alla prossima!