giovedì 18 settembre 2014

The mess



Le scale che portano nella cantina sono buie e tempestose. A partire dal terzo scalino ci sono varie trappole lasciate dai miei figli, i giocattoli. Scendo evitandoli uno per uno, avendo cura di non pestarli, anche se alcuni li prenderei volentieri a calci. Mi guardano male, mi giudicano continuamente. Altri sono addirittura corrucciati: gli ometti Lego. Nessun ometto, neanche un Playmobil, è incazzato quanto un Lego.
La mia cantina è l'apoteosi del disordine, quasi peggio del mio armadio. Se un giorno dovesse tenersi una conferenza sul disordine, credo che potrei tranquillamente spiegare, punto per punto, cosa vuol dire essere disordinati e cosa sia il disordine. Gli ordinati non capiscono, non per cattiva volontà, né per evidenti limiti creativi, ma proprio per incapacità mentale di comprenderne l'arte in esso contenuta. Perché se impilo tutti i libri ai piedi del letto in maniera precaria e traballante, o se sugli scaffali mescolo gli asciugamani piccoli con quelli grandi, o se infilo tutti i fogli in borsa e poi cambio borsa, e dopo tre giorni di cambi continui di borsa ricordo perfettamente quali fogli sono stati infilati a casaccio dentro la borsa di tre giorni prima, allora non sono disordinata: sono un genio creativo. Il mio disordine mi stimola ad essere sempre vigile, imparo anche a dominare la natura, che è comunque, una forma sublime di disordine. Ben diverso è il caos, o il cosiddetto 'casino'. Il caos è del tutto devastante, non c'è l'intento o la voglia di essere disordinati. Nel caos ci si lascia trascinare dalla vita, dagli oggetti e dalle situazioni, senza agire. Il disordine, invece, è concezione. È materia intellettuale, ma è anche passione spinta allo stremo. Il disordinato mischia le carte da gioco e le sparge sul tavolo; il caotico le tira in aria e le lascia cadere, senza neanche guardare dove vanno a finire. Il disordinato sa esattamente dove si trova l'asso di cuori, il caotico non è neanche interessato a cercarlo.
Il casinista, invece, è rumoroso. Un disordinato puro - un creativo, quindi - non fa rumore, non disturba gli altri, non è un fracassone né un molestatore. Il disordine è un concetto intimo, da vivere con se stessi e da offrire agli altri solo quando si decide di dare proprio tutto di se stessi. Il casinista è sempre 'entrante', invadente. Generalmente è un prevaricatore, un arrogante e un bugiardo.
Solamente il vero disordinato ha, ogni tanto, attacchi di ordine quasi ossessivo. Quando si rende conto, essendo ipercritico verso se stesso, che è "ora di mettere apposto". Allora passa le ore, le domeniche mattina intere, a creare un ordine asettico quasi maniacale, con la consapevolezza che nel giro di pochi giorni tornerà il solito confortevole disordine di sempre. Si arriva a limiti estremi, tipo suddividere i dischi non solo per genere, ma anche per ordine alfabetico.
Svuotare la borsa di una disordinata come me, soprattutto quando te lo ordinano (tipo in aeroporto) è sempre un'esperienza esaltante. Saltano fuori cose che pensavi di non avere mai posseduto, foglietti volanti con numeri di telefono che, tanto, non avresti mai messo in rubrica. Perché il disordinato sarà pure artista, ma non è scemo e ha grandi capacità di discernimento. Non ha bisogno di pensare e poi agire, fa entrambe le cose contemporaneamente, col disordine. Quindi il disordine è uno strumento, serve per agire più in fretta, per essere subito pronti e per godere della libertà di "lo lascio dove mi pare", "lo metto apposto dopo". L'ordine schiavizza, al contrario. Limita il raggio di azione, inibisce la fantasia. Richiede rigore e gusto estetico geometrico, consapevolezza e certezza: l'ordine è la virtù dei mediocri. Il disordinato non ha certezze, o meglio, è vaccinato contro le incertezze. Gode, però, di numerose possibilità di combinazione. Un libro può stare: sul comodino, per terra ai piedi del comodino, sopra l'abat-jour, sotto al cuscino, sotto al letto, ai piedi del letto, sopra il tappeto, sotto al tappeto, sulla poltrona, sotto la tazzina del caffè. Dov'è il libro? Il libro è. Questo interessa al disordinato: c'è. Il dove è irrilevante, non importa, tanto lo si trova. La certezza è nell'esistenza di un qualcosa, non nella sua localizzazione o nella sua posizione. Basterebbe vedere come disfa la valigia un disordinato, per capire. Nel farla siamo quasi tutti ordinati, perché è la maledetta valigia che ci costringe ad esserlo, altrimenti non entrerebbe niente ed i vestiti arriverebbero a destinazione pieni di anomale plissettature e sarebbe un vero guaio. Ma quando la si disfa, esce fuori tutta la nostra personalità. Il pigro disordinato, non si scomoda neanche: razzola con la valigia aperta, a volte addirittura semichiusa. Il disordinato attivo, invece, la disfa ma crea una baraonda. Niente o poco, finisce per entrare nell'armadio. Vengono monopolizzati tutti i punti di appoggio, e se ne creano pure di originali (le porte e gli specchi per appendere i vestiti) pur di non mettere tutto apposto nell'armadio. L'armadio è il tallone di Achille di qualsiasi disordinato vero. Lo si odia perché solo a vederlo costringe all'ordine, e allora ci ribelliamo facendo dell'armadio, un vero e proprio contenitore del nostro disordine più spinto.
Posso aprire l'armadio?
Noooooooo!
Tutto ciò lungi dall'essere un'esaltazione del disordine, né una giustificazione al mio, ma vorrei solo ricordare che in ogni persona simile a me c'è la propensione a pensare sempre, costantemente, che esista qualcosa di più importante, o di più meritevole, alla quale dedicare il proprio tempo. Il disordinato forse è un ottimista poco consapevole di esserlo, o molto, dipende dal tipo di disordine, perché non tutti sono uguali.
Gli ordinati ci servono per stabilire equilibri, ma anche per farci star male. Ammettiamolo, quando entriamo a casa di un super ordinato, non stiamo tanto bene. Il disagio sta nel confronto e nell'impossibilità di muoversi con disinvoltura. L'ordine inibisce, il disordine accoglie.

Frasi famose.

È affascinante questo tuo disordine, mi piace, è naïf, sei tu, proprio.
(dopo due mesi)
...e poi sai cosa?
No, cosa?
Sei una disordinata del cazzo!
(relazione lampo del 2001)

Se non levi i libri dal pavimento e i vestiti dalla scrivania, mi spieghi come si fa a pulire ed a spolverare?
Li sposto dalla scrivania alla sedia, allora.
E i libri?
Li metto apposto velocemente.
Se non lo fai entro un'ora, sappi che sui cartoni alla stazione si dorme discretamente. Anche la mensa, non è male.
(io e mia madre, dal 1987 al 1999)

Non credi che dovresti eliminare qualche file o cartella, o per lo meno, mettere ordine tra i documenti? E che ne dici di creare qualche cartella compressa e magari di fare un backup?
(il disordine virtuale)

Originale la tua scrivania...è piena di cose, di oggetti, di di di...
Disordine?

(collega norvegese, 2013)

Vede, lei deve sempre, come regola di vita, separare i documenti dalle carte di credito e dai soldi. Farebbe meglio e mettere il passaporto e tutti i documenti a parte, perché altrimenti rischia che le accada come è successo, e cioè che perda tutto, o che le rubino tutto, in un colpo solo.
Come scusi? Ero distratta.
Lasciamo perdere...
(io e l'agente di polizia a Londra, 2014)

Nonna, stanotte posso dormire nella camera del nonno? Così mi sembra di averlo ancora vicino a me, e di sentire la sua presenza, e...
Ma lascia stare questi inutili sentimentalismi! La ridurresti una piccola Waterloo e tuo nonno se la prenderebbe con me facendomi crepare solo per il gusto di sgridarmi dal vivo.
(mia nonna, estate 2014)

La vita con Nicole è meravigliosa. Cinquanta percento di gioie, e cinquanta percento di tempo buttato via per cercare le chiavi della macchina.
(una persona che mi vuole bene)

Il tuo problema non è il quando. Non è neanche il come, né tanto meno il perché. Il tuo problema è sempre stato il dove.
(mio fratello)

(il disordine nella foto sopra, è tutto mio)