giovedì 17 gennaio 2013
Django Unchained: questa non è una recensione
Avete presente quando uno/una entra in una pasticceria siciliana di quelle buone, o in una cioccolateria e non sa su cosa mettere le mani? O quando uno/una entra in un negozio di scarpe con un buono da 300 euro ed entra nel panico? O per esempio quando uno/una entra in un parcheggio e trova tanti posti liberi da non sapere dove mettere la macchina, mentre invece se ne avesse trovato uno ci si sarebbe fiondato/a con rapida mossa ed agile scatto? Ecco quello che ho provato nei confronti dell'ultimo film di Tarantino. Eccitazione mista a smarrimento, troppo anche per una come me che è abituata a macinare film quasi tutti i giorni da 25 anni... mi sono persa. Ho impiegato giorni per riassestare le idee, capire davanti a cosa mi trovavo, e capire anche il perché delle mie emozioni. Mi hanno aiutato le persone, sia quelle che il film l'hanno adorato, sia quelle che l'hanno detestato, sia i democristiani, quelli delle mezze misure. Che Tarantino non sia un regista/autore per democristiani mi pare abbastanza evidente, sarebbe come far indossare una minigonna plissettata ad un giocatore di rugby, ecco, a meno che non sia carnevale risulterebbe fuori luogo.
Django Unchained è un film corretto nella sua scorrettezza, pieno di un'infinità di letture, sottotesti, citazioni (che lo dico a fare?), amore sconfinato verso il cinema e verso lo spettatore assetato.
A tre settimane dalla visione originale, senza quell'orrendo doppiaggio italiano che ho sentito (come mandare in vacca un film che non può essere doppiato), il film mi appare come la Madonna di Fatima, insomma, mi appare nella sua meravigliosa e mistica essenza (trovare del misticismo in Tarantino pensate sia da malati mentali?) pronto per essere rivisto in sala (lo vedrò doppiato, pazienza, ma non resisto).
Un forte orgasmo filmico all'anno ci vuole, fa bene allo spirito, alla mente e anche al corpo. Per me il 2013 e Dicembre 2012 sono già completi così, da un punto di vista cinematografico. Tutto il resto è stato, e sarà, minore.
mercoledì 2 gennaio 2013
La mia settimana a New York, diario di bordo: le dieci cose che mi dimentico di ricordare
10 - Qui è tutto o molto freddo o molto caldo, o ti ustioni o ti congeli. A scelta. Al chiuso si crepa di caldo, che sia un treno o uno store. Fuori si gela, incondizionatamente. O bevi caffè e tè a ottomila gradi centigradi che ti infeltriscono la lingua, o bicchieroni di acqua (o altra bevanda a scelta) con centinaia di cubetti di ghiaccio che ti provocano strizzoni intestinali.
9 - Male ai piedi. Sei abituata a fare jogging evri morning o evri ivining da anni senza mai nessun inconveniente, hai vissuto anche in città dove si cammina senza accusare colpi, però quando vai in giro per NYU ti fanno male i piedi, sempre. Sia che tu indossi delle comodissime scarpe da ginnastica, sia un paio di scarpe normali. New York e il mal di piedi sono la stessa cosa.
8 - I clacson. Sono la legge. Se nel resto del mondo clacsonare è un rimprovero verso qualcuno, qui è il modo di guidare. Una mano sul volante e l'altra sul clacson premuto fisso con flemma, anche se non c'è motivo.
7 - Mangiare sempre. La sensazione è quella della pancia piena. Mangi anche se non vuoi o se non lo fai, per osmosi. IL cibo è ovunque, anche dove non te lo aspetteresti mai, tipo negli anfratti dei musei. Le peggiori schifezze con valori nutrizionali devastanti (tipo le onion rings), le fette di cheesecake tutte dello stesso sapore (sia che tu la prenda al limone o al cioccolato), se le mangi una volta le rimangi in eterno perché l'odore ti penetra fin dentro l'encefalo e non ti abbandona più.
6 - Ricchi e poveri. Qui ti vesti con 5 dollari, mangi con un dollaro, ma se vuoi bevi acqua minerale da 300 dollari che vendono al supermercato. E' un po' come il caldo/freddo, le mezze misure sono un po' così, sold out.
5 - Parli come cazzo ti pare. Ti capiscono anche se ti esprimi in esperanto usando supercazzole, ti capiscono tutti e ti capiscono sempre, anche se grugnisci. La lingua ufficiale sarebbe l'inglese, ma non te ne accorgi.
4 - Musica. Anche il più infimo soggetto che suona nella metro è meglio della summa dei vincitori del festival di San Remo. I Neri Per Caso farebbero la fame qui, anche nella metro. Per dire.
3 - I turbillions in aeroporto. Basta. Ho detto tutto. Me li ero dimenticati.
2 - L'appartamento di mio fratello. Inversamente proporzionale a Times Square dopo la notte dell'ultimo dell'anno. C'è un ordine ed una pulizia che nemmeno il diamante con struttura atomica di C alla n. E' imbarazzante persino fare pipì in bagno, ti viene voglia di uscire fuori e farla sul marciapiede, piuttosto.
1 - New York ti ricorda quanto sia comoda l'Europa. Tutte le volte.
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