giovedì 5 settembre 2019

Ode a settembre


Se potessi imbottigliare la tua aria tiepida di mezzogiorno, e la luce obliqua del sole che stratifica bagliori dorati sulle foglie verdastre dei platani, sarei felice. Stapperei la bottiglia una mattina di metà gennaio quando, tra la nebbiolina ghiacciata che sale lenta dal fiume, a stento si percepiscono le linee degli edifici di architettura prussiana. Gli stessi che illuminati dalla luce calda di fine estate,, svettano trionfanti a testimonianza di un passato glorioso stagliandosi nel drappo blu del cielo; a metà inverno sembrano sprofondare negli abissi di un lago ghiacciato e torbido, irrigiditi ed austeri come avvolti da immaginari tentacoli di un kraven. La luce cambia la prospettiva alle cose. E gli odori ne rafforzano il senso. Settembre, caro, non pretendi felicità e spensieratezza esibita come vuole agosto. Tu sei signore, aristocratico procedi ricordandoci l'ordine delle cose: i grembiulini al profumo di amido; i trucioli dei pastelli colorati, i quaderni nuovi, le copertine sui libri, il foglio sfondato dallo spirito dei pennarelli serviti per un disegno troppo colorato. Il batticuore il primo giorno di scuola, l'imbarazzo di fronte ai nuovi compagni, sensazioni di disagio, di inadeguatezza. Caro settembre, mese di lezioni di vita, io di questo ti ringrazio. Ti ringrazio per la possibilità che mi offri nel sentirmi sbagliata o impreparata e per la voglia che mi viene di dimostrarti che non lo sono. Ottobre è il mese dei compiti in cucina, mentre il minestrone borbotta sui fornelli. Ottobre rassicurante, è una balia. Tu, invece, sei quello della cameretta pronta per lo studio, dei pullover tornati sulle spalle di papà; sei il mese del tabacco per pipa che ricomincia ad accendersi profumando il salone. Sei le nostre passeggiate nelle tiepide domeniche mattina, le soste in pasticceria, le corse in bici col vento tagliente che spettina ed inumidisce i capelli. Sei i romanzi pronti da iniziare a leggere, i numeri di telefono di amici nuovi sulla rubrica. Sei la camicetta di giorno e la coperta pesante sul letto la sera. Sei sexy. Sei il profilo dell'uomo che amo mentre si concentra su qualcosa che non mi riguarda.
Se avessi potuto imbottigliare il sorriso di papà illuminato dal sole, l'anno scorso a settembre, quando la consapevolezza che sarebbe stato uno degli ultimi mesi della sua vita non ci impediva di godere di luci dorate ed aria frizzante, lo aprirei oggi. E con quell'immagine tornare ad amare la vita, come non lo faccio da tanto. A settembre.

mercoledì 15 maggio 2019

Rompere il ghiaccio



Immagine: Allegoria della pittura - Jan Vermeer


Ed eccomi qui, di nuovo, a scrivere su questo diario virtuale. Ho cambiato pelle dopo tutti questi mesi di svolte, di lunghe soste, di scontri, di incontri e di perdite importanti.
Mi trovo, attualmente, al centro del mio mondo, Parigi, città piena di ferite ancora aperte, ma comunque sorridente e sempre disinibita sotto un mezzo sole ed un'aria inconsuetamente gelida per essere maggio. I turisti si stringono nelle felpe mostrando la pelle delle gambe avvizzita dal gelo, e quei poveri piedi lividi, lasciati scoperti dalle speranze che porta la bella stagione. Volano tra un museo ed un altro; sostano con i nasi all'insù davanti alla devastazione della cattedrale; chiedono dove mangiare il migliore plat du jour, insomma, accompagnano come sempre le giornate della metropoli più martoriata di questi ultimi anni.
Le ragioni che mi hanno tenuta lontana per svariati mesi da questo piccolo e intimo spazio sul web, rimangono personali, ma al tempo stesso accomunano me a molte altre persone che hanno vissuto periodi di mutamenti repentini e che quindi non hanno quasi mai avuto tempo di fermarsi a pensare articolando pensieri che possano avere quel minimo di lucidità che permetta loro di essere letti e compresi. Quindi, in nome della riacquisita lucidità grafomane, ho deciso di buttare giù un paio di pensierini, per rompere il ghiaccio.

La sala in cui in questi giorni sto lavorando insieme ad altri colleghi provenienti da diversi luoghi sparsi in tutto il mondo, si trova nella sede dell'UNESCO ed ha la forma del mondo; è circolare. Richiama un po' il concetto della "camera a sussurro", cioè qualsiasi cosa viene detta, anche a bassa voce, tutti riescono a sentirla. E va bene, è giusto, stai lavorando ad un progetto insieme ad altri colleghi, e tutti dobbiamo tenere conto delle idee degli altri. Peccato che, l'inconveniente si possa presentare, se una persona fosse abituata a pensare a voce alta. Tipo, ti scappa la pipì, e dici 'mi scappa la pipì', subito dopo, dal momento che ti scappa, pensi che devi andare a farla, quindi dici 'vado a fare la pipì'. La persona che pensa a voce alta è piuttosto lontana dal tavolo di lavoro, e se ci trovassimo in un locale tradizionale, quindi di forma rettangolare, supponiamo, magari il pensiero espresso a voce 'mi scappa la pipì, ora vado a farla' nessuno lo riuscirebbe a sentire. Ma dal momento che ci troviamo nella camera a sussurro o nella camera "in cui è meglio tacere", ogni parola viene captata e dovresti smettere sia di dire insensatezze che di pensare pericolosamente a voce alta. Ne è venuto fuori un interessante confronto, con momenti di vero divertimento. La persona che abitualmente è avvezza ai soliloqui, ha promesso che farà di tutto, nei prossimi giorni, per evitare che ciò avvenga. Ma ci siamo dichiarati tutti contrari, dal momento che l'esercizio di dire tutto ciò che passa per la testa, potrebbe essere interessante da un punto di vista formativo!

Durante una della chiacchierate con il mio compagno di vita, è saltata fuori, in seguito a disquisizioni sul film "A qualcuno piace caldo", la figura di Tony Curtis. Ripercorrendo la cinematografia dell'attore, il mio fidanzato ha detto quella che a me è parsa una castroneria, cioè che Tony era nel cast di Spartacus. Ho cominciato a scuotere la testa sconsolata, pensando che è prerogativa di pochi essere cinefili attenti come me, ed ho pure fatto notare al pover'uomo che avevo accanto, quanto fosse squinternata l'idea che Kubrick avesse preso Tony Curtis per il suo film, insistendo sulle mie ragioni. Abbiamo interpellato, come soluzione finale, Sir Google, che ha confermato quanto la mia cinefilia faccia ormai acqua da tutte le parti, dato che Tony Curtis ha effettivamente preso parte al film Spartacus, nel ruolo di "Antonino" che non ricordavo affatto. Ho cominciato ad arrampicarmi sugli specchi con vergognose giustificazioni da impiegato statale assenteista, tipo che durante le scene in cui appariva Curtis io ero andata a bere un caffè o che era comunque passato troppo tempo dalla visione del capolavoro kubrickiano e che quindi non potevo ricordarne tutti i particolari. Abbiamo colto l'occasione per ripercorrere la biografia di Tony Curtis, che entrambi non conoscevamo. Nessuno di noi due nutre un interesse morboso verso questo attore, ma eravamo imbottigliati in una coda infinita all'uscita della Svizzera e a parte scaccolarsi come i nostri vicini automobilisti, o litigare, non c'era molto altro da fare. Il bel Curtis, occhioni azzurri, ha avuto sei mogli e sei figli, quasi sette perché secondo uno dei suoi libri di memorie, riuscì a mettere incinta anche Marylin Monroe (che poi perse il bambino). Insomma, occhioni azzurri è un mini-inseminator, dato che il maxi è J.S Bach che di mogli ne ha avute solo due, ma può vantare la bellezza di venti figli. Le conclusioni circa la vita di un uomo che è riuscito a sposarsi sei volte, sono abbastanza interessanti. Secondo il mio compagno il tutto è dettato dalla noia, dal potere, dal senso di invincibilità, ecc Secondo me, invece, che sono un'inguaribile romantica, aveva semplicemente tanti soldi da buttare. Si è aperta una discussione circa i disturbi della personalità, la paura della solitudine, l'incapacità di accettare la vecchiaia. Poi siamo passati alle biografie dei serial killer, così, tanto per analizzare meglio la psicologia di chi si sposa sei volte.