lunedì 13 giugno 2016
Impromptu
La casa sul mare sarebbe stato il luogo adatto, pensò. Un posto splendido, con una vista abbacinante sull'arcipelago. Era giugno, il mese dedicato alla bellezza bucolica, e anche lei era bellissima; la pelle appena baciata dal sole limpido delle passeggiate, tipico di questo periodo, le conferiva un aspetto fresco, dorato, pieno di vita, di passioni ancora da consumare, di attese tra battiti di ciglia e profumo di cipria. Riempì la piccola ventiquattrore di tutto il possibile, stipandola e strizzandola come i panini imbottiti al prosciutto di Praga che le preparava sua mamma anni prima, prima delle consuete gite in campagna. Si guardò allo specchio dell'ingresso, sorrise nel vedere quanto fosse in forma e pronta per partire, per raggiungere, la pace, l'amore. I capelli a caschetto cadevano dritti e lucidi lungo le tempie, le incorniciavano il volto in modo grazioso, naturale. Erano particolarmente splendenti in quel periodo, neri come la piccola cassettiera di ebano sotto lo specchio. Si sfiorò il collo, nudo, fresco, libero dalle sciarpe invernali o dai foulard primaverili. Pensò quanto fosse stato importante quel collo, per lui. Quante parole nate e morte lungo le curve che precedono la linea della mandibola, che raggiungono sinuose le labbra, gli zigomi, la fronte appena perlata dal bisogno di sentirsi solo desiderata.
Il viaggio per raggiungere la casa sul mare fu letto in un libro tenuto sul grembo, appoggiato sopra al leggero vestito bianco. Lungo la stanza la corriera procedeva veloce, creando magici giochi di luce lungo le pareti, un teatro d'ombra indonesiano, tra Bali e la riga dell'oceano; per lei tutto era magnifico, appagante come un volo pindarico, emozionante come una persona cara appena incontrata. Il finestrino si apriva come lo schermo di un cinematografo e mostrava campagne e strade assolate interrotte solo da qualche macchina cabriolè o da qualche motocicletta. Le immagini schizzavano sulla tela dello schermo con la cadenza del rullo di un proiettore, I campi stavano germogliando sotto nuvole e sole, vento caldo carico di promesse e speranze inondava le pianure, accarezzava le colline verdeggianti, dolce ostacolo a paesaggi lontani da raggiungere, a ideali da afferrare e non lasciare mai più. Il viaggio sarebbe durato solo qualche ora, il tempo di riposarsi per apparire ancora più bella, sempre più pronta per quell'incontro. Appoggiò la testa ai lati della spalliera del sedile, chiuse gli occhi e pensò alla musica di Schubert, all'armonico fluire delle note dell'Impromptu, alla velocità con cui le melodie accarezzano strade, ponti e città lungo un viaggio; alla grazia con cui trafiggono cuori e circumnavigano amori impossibili da penetrare. E godé della magnifica conclusione, dell'ultima nota suonata ed udita, la fine della bellezza armonica, dei toni ora drammatici, ora leggeri e spensierati, ora appassionati di quella bellissima sonata. Pensò a tutte le volte che l'aveva suonata, davanti ai suoi genitori o ai parenti più cari, e ancora una volta al collo, quello baciato, desiderato e voluto, durante l'esecuzione al piano, vicino al suo amore. Riuscì ad assopirsi, infine.
L'arrivo al mare fu segnato da sudori lungo la schiena e chiacchiericci di persone mai viste fino a quel momento sulla corriera; volti inquadrati solo all'arrivo, quando scendi dal mezzo di trasporto e li osservi come se fosse la prima volta. Noti con curioso stupore le facce stropicciate dal viaggio, il senso dell'arrivo a destinazione per raggiungere altri luoghi, altre destinazioni ancora, in un gioco infinito di case da raggiungere, posti dove stare per poi ripartire, ancora, senza farne mai uno tutto tuo, senza concedere veramente mai a nessun luogo di averti possedendoti, e senza che nessun luogo abbia te. O sappia tutto di te. Ti concedi a pezzetti, scegliendo accuratamente cosa dare e a cosa o a chi darlo. Ti ritieni tu stessa un privilegio, in fondo, non per tutti.
La casa sul mare si ergeva dritta e fiera sulla scogliera. Schiaffeggiata dal salmastro e dalle violente mareggiate durante tutto l'inverno, mostrava tutte le sue rughe durante l'estate. Come le signore di una certa età, un tempo bellissime e giovani, e oggi terribilmente e unicamente affascinanti. Il fascino di ciò che è stato vissuto dal tempo, maltrattato dagli eventi, dalle burrasche, o accarezzato piano dal vento caldo di scirocco. Il fascino eroso dalla potenza del maestrale, il vento che piega i pini lungo le scogliere.
Osservò le persiane, l'imperfezione geometriche delle stecche ricoperte di polvere, sabbia e sale. Pensò a tutte le ore che sarebbero servite per rimettere a posto quella casa e sorrise beffarda. Le ore, il tempo, non l'avrebbero mai avuta.
Aprì la porta, l'odore di chiuso, di muffa e legno umido, la travolse senza pudore. Spalancò tutte le finestre, controllò tutte le stanze.
La finestra grande del soggiorno cadeva sugli scogli del mare. Un precipitare di decine di metri.
Era pronta, per l'incontro, lei, capelli di ebano e pelle dorata. Piegò e offrì il collo per l'ultima volta al suo amore, e così, all'improvviso, volò. Verso la sua ultima destinazione.
(Impromptu)
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