Ogni tanto mi metto alla prova, lancio delle vere e proprie sfide a me stessa. L'ho sempre fatto, sin da piccolissima quando salivo e scendevo di corsa le scale di casa contando quante volte lo facevo in mezz'ora. E ogni volta provavo a battere il mio record personale. O quando in piscina facevo le gare di apnea, sempre con me stessa, perché nessuno voleva 'giocare' così con me. Ma le sfide sono state anche mentali, emotive; provavo, ad esempio, a fare a meno della mia amica del cuore per qualche giorno, per studiare le mie reazioni psichiche, per trarre conclusioni del tipo sì, ce la posso fare/no, non ce la posso fare.
Ho sempre fatto fotografie, come dice Charlotte (Scarlett Johansson) in Lost in translation: I tried taking pictures, but they were so mediocre. I guess every girl goes through a photography phase. You know, horses... taking pictures of your feet. Solo che io dalla fase foto (dei piedi e non) e dalla fase cavalli, non ne sono mai uscita.
Quando ero una fanciullina di 11 anni, mio padre mi regalò una Polaroid. La felicità di possedere una macchina fotografica che sfornava foto istantaneamente me la ricordo ancora, credo sia stata una della gioie più grosse della mia pre adolescenza. Le mie erano fotografie nichiliste: forchetta con gelatina, manico di scopa per terra, kleenex dentro il cestino della carta, dito graffiato dal gatto, occhio che lacrima.
E' abbastanza intuibile capire quanto per me, il periodo del digitale e dell'editing fotografico, rappresenti come per il goloso, una vera e propria pasticceria ricolma di torte e dolcetti.
La sfida di questi ultimi giorni, è riuscire a capire cosa sia per me la fotografia. E per capirlo devo privarmene. La mia ultima foto scattata con la Leica è di due giorni fa. 48 ore sono relativamente poche, ma sono sufficienti per farmi intuire alcune cose.
Sophie Calle in una delle sue opere, La Filature (il pedinamento), chiese a sua madre di mandarle un detective per seguirla e fotografarla in diversi istanti della giornata, come conferma della propria esistenza. Perché la realtà spesso sfugge, e il bisogno di afferrarla e trattenerla in qualche modo, come quelle bottigliette con su scritto 'aria di Positano', è quasi irrefrenabile. Il mondo che mi circonda mi piace a tal punto, da dubitare della sua esistenza. La campagna della Val di Chiana, esiste? Io la vedo, sembra un patchwork, come quelli che facevo insieme a mia nonna. Con i ritagli di stoffa, mi piaceva accostare i colori che stavano bene insieme. La campagna senese è uno splendido patchwork dove il giallo ocra, il verde foresta, il bronzo e il verde oliva, si alternano con grazia e perfezione. Le cuciture sono le strade e i viottoli sterrati. Mangio con gli occhi e con il cuore, quindi fotografo.
Ne consegue che quando non lo faccio sono insoddisfatta. Ero la croce delle gite scolastiche, quella che faceva fare tardi a tutti perché 'vedi quell'angolino? Lo devo immortalare' o quella del 'tu mettiti qua, tu mettiti là, no, un po' più a destra però fai finta di farti i cacchi tuoi che le foto in posa, no, mai, per carità'.
Kafka diceva una cosa abbagliante. Tre cose: vedere se stessi come una cosa estranea, dimenticare ciò che si è visto, conservare lo sguardo.
Non è facile.
Osservo da sempre la mia vita e non mi importa della definizione, anzi, quando guardo foto troppo definite mi paiono fredde, senza anima. Non sono interessata al numero di pixel,, fosse anche uno solo, un grosso pixel rosso rubino, quello che conta per me è lo scatto fotografico, non la resa. Una notte al mare non c'era la luna, le acque marine erano plumbee, la sabbia al buio sembrava grigia antracite, e ho fatto una foto senza flash con ISO a 100. Una foto blu notte. Poteva anche essere un pixel solo. O forse lo era. L'importante per me era il colore della notte. Riguardandola ne sento ancora il profumo.
La foto sopra è una di quelle che mi piacciono, in Sicilia due anni fa, indovinare dove.
La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi, appunto.
Uno Nessuno Centomila - Luigi Pirandello
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