mercoledì 9 aprile 2014
Norwegian Wood (This Bird Has Flown) - i due minuti abbondanti sono finiti
Era molto tempo fa quando entrai in camera di mio fratello e lo trovai a versare lacrime su Rubber Soul, mentre la puntina del giradischi batteva sull'ultima linea del vinile, insistendo su un capitolo chiuso, un amore finito. Non afferrai il momento topico e ricordo che mi disse "Ma cosa vuoi capire tu, di Norwegian Wood?". Io, con il grembiule bianco della terza elementare, mi sentii inadeguata di fronte al suo complesso mondo adolescenziale. Se, oggi, dovessi indicare il momento, uno solo, in cui è entrata la musica nella mia vita, credo che sceglierei questo: qualche giorno dopo, rubai il disco dei Beatles a mio fratello solo per capire cosa fosse Norwegian Wood, e lo misi nell'impianto di mio padre, soprannominato "la grande fedeltà".
Aveva ragione lui, non capivo. Perché piangere su una canzone un po' melliflua in 3/4? E cosa vogliono dire tutte quelle parole in inglese che non capisco?
A otto anni iniziò la mia attività di traduttrice di canzoni, perché Rubber Soul andava compreso, analizzato, sezionato: faceva emozionare mio fratello.
Avevo undici anni quando andai, con i miei genitori, in vacanza sui Fiordi. Era luglio, e ricordo che partii da Strasburgo con il broncio e un biglietto pieno zeppo di cuori di "addio" della mia migliore amica. Non mi andava di passare una settimana confinata in un buco norvegese da sola con i miei. Però nel lettore cd portatile (preistoria?) avevo Rubber Soul e durante le escursioni mi isolavo; finalmente riuscivo ad inumidire gli occhi su Norwegian Wood. Immaginavo che i mobili della canzone avessero lo stesso profumo di abete che mi circondava, respiravo a fondo e lo immaginavo mischiato all'odore del fumo. Avevo una gran voglia di vedere qualcuno dare fuoco a una delle tante case, o barche, per percepire come si possa sentire chi vuole chiudere, demolire, finire di navigare. Volevo lasciare quella breve vacanza sin dal primo giorno.
Perché mi avete fatto studiare pianoforte? Uno strumento fisso è complicato. Dovevate propormi il sitar.
Un giorno capii che il tipo con il quale uscivo era un emerito idiota. Lo capii perché attaccava allo specchietto retrovisore l'Arbre Magic alla colonia e perché durante la lezione di Botanica I mi afferrò improvvisamente i lobi delle orecchie e disse "chissà cosa vorrai sentirti dire, anima mia bestiale".
Scelsi un momento come un altro per dirgli che era meglio se finivamo qui, così, restando amici (?), ma lui non la prese benissimo. Gli feci sentire Norwegian Wood dicendogli "è tutto dentro questa canzone". Come risposta ebbi un "Cazzo, ma ti capisci da sola!". Aveva ragione. Nessuno, tranne me, poteva capire il mio viaggio dentro Norwegian Wood. Forse quella fu l'unica volta nella quale il tizio con il quale uscivo, si dimostrò meno idiota del solito. Ma ormai era tardi per tornare indietro. Erano passati i due minuti.
Quando, un paio di anni fa, ho avuto la certezza che la Norvegia mi avrebbe ospitato per un certo periodo, ripensando alla vacanza di tanti anni prima, ho preso il disco che mio fratello mi aveva infine regalato e con l'idea che niente nella mia vita avviene per caso, ho riascoltato Norwegian Wood nella sua vera versione. Quella della prima volta, quella della puntina del giradischi sempre con il grumo di povere, delle lacrime nascoste di Alessandro, delle mie affannose indagini linguistiche per capire il senso delle canzoni contenute in Rubber Soul.
This bird has flown.
Sono sempre volata via, in silenzio. Io non sono la ragazza che la mattina presto va a lavorare, non sono neanche il tipo che dorme in bagno. Io sono l'uccello, in quella canzone. Ho sempre saputo quale fosse il mio ruolo, so quando me ne devo andare. Lascio tutto all'alba, quando non c'è più niente da tenere, quando l'arredamento in legno norvegese sta per prendere fuoco, quando l'ultimo bicchiere di vino sta per essere bevuto, quando il suono del sitar sta diventando troppo insistente, quando due minuti e un po' di secondi sono terminati. La melodia, le parole, le sensazioni e gli occhi umidi di 25 anni di Norwegian Wood mi hanno insegnato che volare via è l'unica vita che posso vivere, che l'unico amore che posso avere è quello sul quale appoggiarmi lievemente per riuscire a riprendere fiato, che l'unica casa che posso abitare è quella dalla quale andarmene.
Dopo due minuti e un una manciata di secondi.
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