martedì 30 agosto 2016
Caro Ennio
Diario Notturno di Ennio Flaiano è il libro che mi porto spesso dietro. Non l'ho letto una sola volta sottolineando, come faccio spesso, le frasi o i passaggi che più mi colpiscono. Diario Notturno l'ho consumato, giorno dopo giorno. Mi ha accompagnato in momenti in cui mi sono sentita persa, in cui ho cercato risposte, disperatamente. Momenti in cui nessuno e niente mi era di conforto. Perché, Diario Notturno, a differenza di qualsiasi saggio filosofico o opera omnia, o trattato sociologico e psicologico, arriva sempre al punto senza inutili circumnavigazioni linguistiche; senza perdersi nel mare delle digressioni o delle descrizioni, facendomi perdere il focus. Diario Notturno è anche la scrittura delle sensazioni, dei pensieri, normali, quotidiani, che è la cosa che più mi piace leggere. Quanto romanticismo e quanta intensità ed amore per la vita si celano dietro alla poesia dell'osservazione del quotidiano! Diario Notturno è una sorta di piccolo astro puro e luminosissimo, che osservi per assicurarti di essere sempre sotto lo stesso cielo nonostante la terra che calpesti ti sia estranea. Un appiglio, un conforto, una casa, un condensato. Non perché ci trovi scritte le risposte, ma perché calpesti strade da percorrere col pensiero la cui destinazione è sempre ignota, ma sai che comunque, in un modo o nell'altro ti stupirà. Perché niente ci sorprende più di quanto possano fare i nostri stessi pensieri.
Stanotte, mi sono soffermata sulle sue considerazioni circa il film My Fair Lady. Tutti conosciamo la storia del pigmalione che per introdurre in società la fioraia ignorante, le insegna ad esprimersi "come una signora". Ennio Flaiano si chiede a cosa servirebbe, oggi (era il 1956, ma l'attualità dei suoi pensieri è incredibile) imparare ad esprimersi correttamente. A cosa serve imparare a parlare bene se "le attrici" stesse, per sentirsi più vicine al loro pubblico, scadono con il linguaggio. È ancora necessario, si chiede Flaiano, parlare correttamente per ottenere il successo nella buona società? Non viviamo, forse, in un'epoca in cui è necessario esprimersi male per dimostrare la propria spregiudicatezza? E, incredibilmente, aggiunge: gli uomini politici raccolgono consensi soltanto in virtù del turpiloquio che sanno sfoggiare. Cavolo! (tanto per rimanere in tema di linguaggio scurrile) Ma lo scriveva Flaiano nel 1956! Ecco spiegato, perché un tale perde consensi non appena comincia ad esprimersi decorosamente. My Fair Lady è, quindi, il simbolo di un'Europa che si sta avviando verso un processo di volgarizzazione irreversibile? Rappresenta ciò che non importa più essere, "una signora che sa parlare e che si sa comportare" perché quello che vale, che "spacca" è l'esatto contrario. Nel 1956? Non lo so, non c'ero. Oggi, sì. Qualcuno potrebbe storcere il naso, sostenendo che i costumi cambiano, come sempre; che fare i nostalgici non porti a niente, che desiderare un mondo diverso, arcaico, sarebbe come tornare indietro. Che la libertà di espressione, di stampa, di comportamento, come conseguenza diretta ha anche quella dell'uso sregolato del linguaggio. E che quindi, quello che può apparire a Flaiano "volgare", non è altro che una bandiera del processo evolutivo europeo, del processo democratico. Flaiano scrive: la lingua corretta è oggi il malinconico distintivo della borghesia intellettuale, rovinata dalle buone letture e dalla buona educazione.
Sorrido, caro Ennio, perché tu non ci sei più, ma se ci fossi e se leggessi quello che viene scritto in rete, capiresti che i tuoi pensieri circa l'imbarbarimento del linguaggio, sono più moderni dei vari neologismi (che poi, neologismi non sono perché neanche si sa cosa vuol dire la parola "neologismo") o dei vari formati precostituiti. Non si scrive più, caro Ennio. Non si parla più. Si compilano moduli. La forma è già scritta, basta inserire parole diverse negli spazi vuoti. Difficilmente, però, trovi qualcuno che crei di sana pianta uno schema, inserendoci, poi, le parole. Tutto è copiato, incollato, citato. Aaah le citazioni, sapessi quanto le odio! La rielaborazione sulla citazione, quella sì che sarebbe interessante, ma, vedi, caro Ennio, è troppo difficile essere liberi. Perché non basta poter circolare, viaggiare, comunicare, copiare, incollare. Bisogna essere liberi di lasciare che i pensieri formulino delle ipotesi, e che queste ipotesi poi formulino altri pensieri, come una catena, anzi, come un'eterna ghirlanda luminosa.
Il Professor Higgins, dice alla fioraia appoggiata alla colonna "sei un insulto all'eleganza architettonica di queste colonne" e, poi, per amore soprattutto di se stesso, scommette che la trasformerà in una signora semplicemente insegnandole a parlare. Mancano i professori, perché di fioraie ne abbiamo quante vogliamo, con la differenza che sono già tutte perfettamente inserite in società.
Due vecchi gentiluomini, resi compagni dall'età delle idee, vanno a spasso e li vedo avanzare dal fondo di via Po, sotto il sole, conversando pacatamente. La via è deserta: i due poveri vecchi, con la loro precaria presenza la rendono più ammonitrice. Che cosa si diranno, con quali argomenti consoleranno l'attesa di una partenza ormai inderogabile? Quando mi sono vicino sento che uno di essi, commentando una descrizione dell'altro, conclude: << Insomma, se ho ben capito, sarebbe una specie di pancera >>
Ennio Flaiano, Diario Notturno
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